Proteggiamo i bambini più piccoli da racconti forti come la guerra.

I nostri bambini e la guerra: il parere del pedagogista

Inevitabilmente, quando nel mondo si presenta una situazione importante di cui tutti parlano e di cui tutti subiscono gli effetti, arriva il momento di chiedersi come affrontare l’argomento con i bambini. È questo il caso della guerra scoppiata nell’Europa dell’est tra Russia e Ucraina. Si può partire dalla parola guerra? Come spiegarla ai bambini?

I nostri bambini e la guerra: il parere del pedagogista.

I bambini vanno sempre protetti e il racconto va sempre filtrato con cautela ed intelligenza e soprattutto va adeguato all’età. Ci sono alcune età in cui a causa dello sviluppo neuro-cognitivo del bambino, il racconto va del tutto censurato.

A questa sfera appartiene la prima infanzia, cioè fino agli 8 anni. É solo successivamente che si può iniziare a parlarne. Lo afferma il pedagogista Ennio Silvano Varchetta, a margine di un’intervista presentata su “Il blog di Giò” a cura di Giovanna Di Francia:

“… la guerra potrebbe provocare nei bambini paura e angoscia incontrollata e minare la sana crescita evolutiva.”

Da tre generazioni, infatti, il mondo occidentale è fuori dalla guerra e quindi manca completamente questo immaginario nella mente di un bambino. La nostra stessa Carta Costituzionale, all’art. 11 recita con forza il ripudio della guerra da parte del nostro Paese.

La cautela di chi narra la guerra ad un bambino deve essere soprattutto quella di non confonderla con il litigio o la violenza in generale. Il litigio infantile è un evento naturale, innocente, legato al gioco o al quotidiano. Nulla a che vedere con un evento tragico, devastante e irreversibile, come quello della guerra.

Bisogna fare attenzione a non creare confusione tra categorie che apparentemente possono assomigliarsi, ma che, invece, sono legate a situazioni notevolmente differenti.

Il mondo del bambino è basato su su pensiero tangibile, motorio, concreto, emotivo. Egli non è in grado di fare astrazioni.

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